Calo demografico: quali effetti sul Paese?


La popolazione del nostro Paese diminuisce e invecchia. Si fanno sempre meno figli e le nuove nascite non bastano a compensare i decessi.

Lo dice l’Istat, l’Istituto Nazionale di Statistica, che nelle scorse settimane ha pubblicato la fotografia della dinamica demografica dell’Italia, mettendo nero su bianco dati e tendenze di quello che viene comunemente definito il nostro “inverno demografico”.

Entriamo nei dettagli.

Nel 2022 il numero dei residenti in Italia è sceso a 58.850.717, 179mila in meno rispetto all’inizio dell’anno. Per la prima volta dall’Unità d’Italia, inoltre, le nascite sono scese sotto la soglia dei 400mila, fermandosi a 392.598, 7.651 in meno rispetto al 2021 (-1,9%) e 27.500 in meno rispetto al 2019.

A livello territoriale, il tasso di natalità – pari a 6,7 per mille residenti nella media nazionale – conferma ancora una volta il primato della provincia autonoma di Bolzano, al 9,2, mentre fanalino di coda nel Paese è la Sardegna, col 4,9.

Diverse le cause della denatalità, spiegano gli esperti, e solo in parte ascrivibili alla rinuncia, spontanea o indotta, ad avere figli da parte delle coppie. A pesare molto sono da un lato la precarietà del lavoro, dall’altro anche il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive, dai 15 ai 49 anni.

A fronte di poco più di 390mila nuovi nati, i decessi nel 2022 sono stati 713mila, confermando un saldo naturale fortemente negativo.

Un Paese dai capelli bianchi

L’Italia nel complesso sta invecchiando. Oggi un italiano su quattro ha almeno 65 anni. Gli ultrasessantacinquenni sono il 24,1% della popolazione totale contro il 23,8% dell’anno precedente. Diminuiscono, al contrario, gli individui in età attiva e i più giovani.

Quali conseguenze?

Il calo demografico avrà effetti significativi sull’Italia: secondo l’Eurostat – l’Ufficio statistico dell’Unione Europea -, entro il 2100 la popolazione del nostro Paese perderà 8,8 milioni di individui, scendendo a 50,19 milioni, il calo più consistente fra i ventisette Paesi dell’UE in termini assoluti.

Non siamo soli, però. La popolazione complessiva in Europa conterà 27,3 milioni di persone in meno nel 2100, passando dai 446,7 milioni del 2022 ai 419,5 milioni.

Meno, e più anziani: gli ultraottantenni arriveranno a pesare per il 15,3% sulla popolazione complessiva rispetto al 6,1% attuale, per un totale di 64 milioni rispetto ai 27,1 milioni di oggi. Gli over 65 cresceranno dal 15% al 17%, mentre la popolazione in età lavorativa calerà dal 59% al 50%.

Anche le proiezioni del governo tracciano uno scenario simile, stimando 5,4 milioni di anziani non autosufficienti al 2050.

Questi trend nel loro complesso rappresentano concreti fattori di rischio per l’economia e la società italiane, e potranno arrivare a incidere significativamente sul PIL, l’occupazione, i conti pubblici, nonché sul sistema pensionistico e sanitario.

Il sistema previdenziale italiano, infatti, è un sistema a ripartizione, nel quale la popolazione attiva sostiene le pensioni. Per la sua sostenibilità è fondamentale che nascano più bambini e che ci siano più persone occupate in grado di provvedere ai contributi per le pensioni.

È quindi di fondamentale importanza individuare in tempo utile soluzioni per invertire la curva demografica, sostenere il lavoro, la produttività, favorire la sostenibilità del sistema pensionistico, potenziare il welfare e con ciò il Paese.

Come Fondo Cometa, sottolineiamo ancora una volta l’opportunità della previdenza complementare che, a fronte di un welfare pubblico sempre meno in grado di rispondere ai bisogni socio-previdenziali delle persone, rappresenta un efficace strumento di risparmio in grado di integrare la pensione di base e offrire, anche attraverso importanti vantaggi fiscali, un tenore di vita analogo a quello goduto durante l’età lavorativa.

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